lunedì 8 gennaio 2007

Nel forum dell'Insonne mi son trovato a leggere dei bei dibattitti sul fumetto l'editoria e la comunicazione...c'è crisi cari miei e ne esiste tanta ma non è ne creativa, ne economica, ma è di natura bieca e subdola...deriva da una venerazione, una fede verso il più lurido dio di questa società...il vil denaro.
E così ho scritto i miei pensieri... e li comunico a quei pochi che possono seguire il mio blog...meglio pochi che niente eh eh...

Non è solo il fumetto in crisi ma sono tutti i campi artistici, il marketing è un tumore che si fà largo nella nostra società, ha preso il sopravvento su tutto ciò che ci circonda. Ottusi burocrati dell'economia che ragionano per numeri spesso si trovano a manovrare i più importanti organi di comunicazione culturale, stà a noi pubblico esser capaci di lottare perchè le forme artistiche sopravvivano alla macchina del marketing che tutto divora digerisce e che è capace di lasciare dietro di sè solo putridi escrementi.

Asta la victoria siempre eh eh

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Il marketing non è un tumore, ma una risorsa.

Il tumore è il pressappochismo e l'arroganza di certi editori.

L'arte, per sopravvivere ha due strade:
il mecenatismo (ma l'ultimo mecenate è stato Lorenzo Il Magnifico) o il diventare popolare e commercializzarsi.

Per essere commercializzata, l'arte deve essere gestita da persone con i controcoglioni, non da dei minchioni.

Ma siamo poi sicuri che il fumetto popolare sia arte.
Io, credo di no.

E' artigianato.

Non diciamo mai nulla di nuovo, riproponiamo in maniera manieristica la solita zuppa.

E per vendere l'artigianato ci vuole qualcuno che ne sappia un tot di marketing ;)

Capitan Ambù ha detto...

Non parlo esclusivamente di fumetto parlo di arte. Per quanto mi riguarda il fumetto può essere anche arte come nella pittura esistono le croste e i capolavori, così è anche il fumetto. E' un linguaggio fortunatamente ancora poco esplorato. Io non sono contrario alla commercializzazione ma all'umiliazione culturale.
Se uno è bravo a vendere fà tutt'altro che fumetti, io ho una visione di questo magnifico linguaggio elitico forse più romantica di quella che è ma credo che autori come Pratt, Eisner, Moore e tanti altri abbiano fatto più che una solita zuppa...non guardiamo in basso rischiamo di non vedere il cielo...ciao Giuseppe

Anonimo ha detto...

Sono assolutamente d'accordo con Giuseppe quando dice che il fumetto è artigianato, ma non sono d'accordo sul discorso della zuppa...

Si lo so...è un commento idiota, ma per il momento non sono riuscito a partorire di meglio..

Marco Checchetto

Capitan Ambù ha detto...

Non tutto il fumetto è artigianato, forse in questo momento, la maggior parte lo è ma è un pò superficiale considerare tutta la produzione di questo linguaggio artigianato. Mi guardo bene dal definire me stesso o altri disegnatori artisti ma è indiscutibile la possibilità di fare arte con il fumetto.
Si può fare arte con il cinema es. Peter Greeneway, si può fare arte con la letteratura es. Italo Calvino, si può fare arte con la musica es. Miles Davis,perchè non con il fumetto...quale è la paura??? se non si può (e per quanto mi riguarda nulla è impossibile) che senso ha fare ancora fumetti?

Anonimo ha detto...

anche dickens pubblicava i romanzi a puntate sui giornali, un tanto al chilo. lo stesso faceva dumas, e come lui molti altri.

non vedo troppa differenza tra la formula di quella produzione e quella del fumetto seriale.

chiaro, le porcherie non mancavano nei romanzi d'appendice e non mancano oggi nel fumetto, ma credo che una produzione seriale possa (e debba cercare di) raggiungere livelli "alti".

non ho idea delle differenze che ci sono tra la commercializzazione di un fumetto e la commercializzazione dell'arte, ma credo che l'imbecillità non paghi in nessuno dei due casi... ma la mia domanda è, non è sbagliato lo svilimento del lavoro di per sé, indipendentemente dal fatto che si faccia un fumetto o si producano lavatrici?

Capitan Ambù ha detto...

Sono daccordo con te Francesco, l'intento del fumetto deve essere quello di migliorare il proprio linguaggio. Se non si dice nulla di nuovo è come dire che la sperimentazione non serve a nulla... sperimentiamo osiamo nel nostro piccolo. Se il fumetto in Italia è in crisi è per l'incapacità di proporre nuove cose. Lasciamo che siano gli editori a porre questi paletti stà agli autori cercare di spingersi oltre, magari qualcuno potrà notare la novità e chissà...In fondo abbiamo un esempio di chi è uscito dai canoni del fumetto italiano, il nostro caro Rat-man che nato dalla fervida creatività di Leo Ortolani come autoproduzione vende in Italia più dell'Uomo Ragno...guardiamo in alto tanto ricchi non ci si diventa comunque.

Anonimo ha detto...

Sai Fabiano, io penso che il problema è uno può anche cercare di creare qualcosa di artistico ma la fuori, cioè nella società, mancano le persone capaci di recepirlo. Siamo in un vuoto culturale pazzesco. Pensa che proprio qualche giorno fa Recchioni sul suo Blog si lamentava che certi disegnatori innovativi (per certi canoni) che lui pubblica (vedi Pontrelli e Dell'Edera) non vengono apprezzati ma rifiutati da molti dei lettori. Secondo me non apprezzare questi disegnatori vuol dire capire poco o nulla non dico di disegno ma proprio di fumetto. Insomma li fuori nel mondo degli "altri" le cose non vanno troppo bene.

Capitan Ambù ha detto...

Ma è sempre stato così, c'è ancora chi di fronte ad un'opera di Picasso dice " e che ci vuole lo sò fare anche io e poi è tutto storto", ma ci siamo anche noi minoranza che è alla ricerca di questi spiragli di luce. Per quanto mi riguarda cercherò di fare fumetto perchè ci credo, se mi capiterà di lavorare con continuità per una serie di sicuro parte delle mie energie saranno incanalate per i miei progetti...avete letto "Dove muoiono i Barbapapà" un bellissimo esperimento fumettistico di Baggi...si può fare si può fare!!!!

Anonimo ha detto...

A proposito degli esperimenti grafici innovativi sul fumetto seriale...
Ora mi beccherò una serie di insulti, ma si fa confusione sul mezzo.
Fumetto popolare vuol dire che anche la mia portinaia lo può leggere. Se poi il figlio della portinaia capisce anche un sottotesto culturale fatto di riferimenti o innovazioni, meglio così. Se inseriamo in un contesto "popolare" una simbologia grafica (il disegno) che la gente non capisce, si commette un'errore di comunicazione. La strada giuta è quella di inserire gradualmente le immovazioni, sia grafiche che di testo, in modo da fare lentamente l'upload nei lettori.
Se si tira troppo la corda, il lettore non apprezza e non ti segue più.

Fabrizio Lo Bianco ha detto...

Oh Capitano, mio Capitano,
lascia che posti qui le parole esemplificative di un autore che secondo me centra il problema come pochi. Trattasi del grande Francesco Artibani:
"Il meccanismo si inceppa quando viene meno l’equilibrio tra i due elementi centrali di ogni blockbuster, la creatività e il marketing. Quando si pretende di azzeccare un risultato basandosi esclusivamente sulle ricerche di mercato, l’insuccesso è garantito. Il problema nasce nel momento in cui l’editore smette di fare il proprio mestiere e delega ad altri. Dylan Dog e Witch non hanno raggiunto il loro successo con le ricerche di mercato ma con l’apprezzamento dei lettori e il loro passaparola...". Questo su Fumettidicarta.it, Poi su uBC ritorna sull'argomento allargando il discorso:
"La crisi è degli editori e non del fumetto in quanto tale. Gli editori non riescono a stanare il pubblico immenso dei non-lettori che, occasionalmente, si fa vivo e va in edicola. Gli autori hanno le idee ma si trovano a fare i conti con un’editoria impaurita, schiava del marketing o della cosiddetta “tradizione”. Nel nostro paese inoltre esiste una legge sul diritto d’autore antiquata e distante dalla realtà; la mancanza di una tutela adeguata della professione è responsabile del pantano in cui gli autori annaspano (e qualche editore sguazza). Bisognerebbe interrogarsi di più su queste anomalie e piantarla di cercare altrove le cause della famigerata “crisi”. Della televisione, della playstation, di internet: sembra di vivere in un paese di capri espiatori in cui è sempre e comunque colpa di qualcun altro".

Capitan Ambù ha detto...

Ma in Italia non è solo il fumetto in crisi, io non parlo di tv come capro espiatorio ma come informazione culturale di massa. Nel bene o nel male è il tramite più fruibile per la nostra cultura, ma se esistesse una scelta se uno potesse guardarsi attorno vedrebbe altre realtà. L'Italia è culturalmente in regresso fatta di furbetti di quartierini con le pezze al culo. Il discorso che si fà del fumetto è possibile farlo per qualsiasi forma d'arte.
La nostra classe dirigenziale è composta dei figli "di..." usciti da scuole private che non hanno la minima capacità di affrontare le difficcoltà. Non esiste onestà che venga premiata...Gli editori sono solo parte del sistema come lo è il fumetto...Ma da che mondo è mondo spetta a chi fà comunicazione tentar di cambiare qualcosa. Non credo nemmeno che non esistono veri e bravi editori ma purtroppo è dura rischiare in un mondo di ignoranti. Le persone sono narcotizzate, gliela diamo una bella scossa da 240 volt...o si svegliano o si consuma meno ossigeno

Antonio ha detto...

Ciao Fabiano, i miei due cents:

la cultura di massa impone (purtroppo) consumi di massa. E, per quanto riguarda il discorso del mecenatismo, ricordiamoci che gli artisti 1) dovevano fare quello che diceva il boss comunque e 2) lavoravano per un'elite che era la sola fruitrice dell'arte (e gli altri niente).
Il discorso del vuoto culturale e' fondato, ma ricordiamoci che oltre al pubblico incapace di apprezzare gli autori (e l'arte, direttamente o indirettamente), ci sono anche autori incapaci di capire che cosa sia l'arte.
E' vero che gli editori hanno delle colpe, ma e' anche vero che molti autori non hanno tanta voglia di cambiare le carte in tavola.
Senza sembrare trito, due riflessioni: oggi cosa farebbe di mestiere Pazienza?
Seconda riflessione: perche' Dylan Dog, in Bonelli, era in grado di proporre meccanismi narrativi nuovi (finali disturbanti e controfinali, sesso -piu' o meno- esplicito, un ex alcolizzato come protagonista etc.) ed oggi sembra che nessuno proponga all'editore piu' niente di un minimo innovativo? Sto generalizzando, ma le ultime miniserie sono scritte, secondo me, soprattutto per piacere all'editore, e non per raccontare storie.

Anonimo ha detto...

Sclavi poteva dire tutto perchè è stato l'ultimo scrittore che abbiamo avuto in Italia negli ultimi venti anni.

Capitan Ambù ha detto...

Non sono molto daccordo, ovvero Sclavi è indubbiamente un grande autore, ma non meno di un Igort, un Gipi, Toffolo evvia dicendo...non esiste solo la Bonelli...meditiamo gente meditiamo...

Anonimo ha detto...

Non esiste solo la Bonelli, ma Sclavi era un metro su tutti.

Capitan Ambù ha detto...

All'interno della Bonelli e per il fumetto in Italia è stata una svolta non da poco, ma ci sono autori di nicchia che di sicuro hanno fatto molto di più di un metro...ad esempio Lorenzo Mattotti.